Per il paese, da anni, didattica di qualita’ e ricerca di qualita’ sono
solo una grossa spesa che non rende. Il processo decisionale politico non
chiama in causa i saperi delle universita’, cosi’ come il panorama
aziendale non fa uso delle competenze di laureati e ricercatori (come
invece accade nei paesi che investono il doppio o il triplo di noi in
ricerca: loro le usano!).
Da anni, quindi, l’atteggiamento dello stato non e’ quello di cercare
soluzioni ai problemi (gravi) di universita’ e ricerca: tutto cio’ che
proviene dalla politica (che invece paghiamo per darci una amministrazione
efficace e lungimirante) sono tagli indiscriminati.
Una soluzione diversa e’ quella di promuovere una mentalita’ che comprenda
che IL SAPERE SERVE: il sapere, se sfruttato, puo’ rendere piu’ efficace
l’azione di un paese nell’uscire da una crisi, puo’ migliorare lo
sfruttamento delle risorse, puo’ promuovere crescita e coesione sociale,
puo’ far avanzare la competitivita’ industriale.
Per fare questo (che sarebbe fra i compiti di una politica decente),
propongo di sfruttare gli spazi di autoformazione (e se non bastano
crearne altri sempre nelle strutture universitarie) per
1) mettere in comune le competenze e CREARE LABORATORI TEMATICI su
questioni rilevanti per la societa’ (penso a qualcosa come un laboratorio
di discussione sulla legislazione internazionale, dove giurisprudenza,
scienze politiche, statistica-demografia possono produrre riflessioni
importanti su problemi come l’immigrazione, i rapporti commerciali, lo
sfruttamento di aree depresse del mondo. Penso a un laboratorio sulle
risorse energetiche, in cui discutere di energia nucleare/chimica/naturale
con ingegneri, chimici, fisici e biologi. A un laboratorio sull’economia e
la finanza…).
Questi laboratori potrebbero in qualche modo monitorare l’attivita’ del
governo e dare risposte di sostenibilita’ alle proposte politiche, e
altrettanto fare proposte alternative con la liberta’ di chi non deve
rispondere ad interessi diversi rispetto a quelli della societa’ civile.
2) costruire un sito web facilmente accessibile che contenga i contenuti
sviluppati in questi laboratori. un sito efficace, pensato da chi ha le
competenze di comunicazione necessarie, destinato a portare fuori le idee
che vengono proposte. senza che queste siano relegate in qualche lodevole
commento a un lodevole post del blog di beppe grillo o vengano sparate in
maniera estemporanea in qualche talk show. uniti.
3) mantenere un contatto forte con gli organi di informazione ufficiali,
che potrebbero addirittura ospitare alcune risorse che metteremo
liberamente in rete sui loro siti web: l’informazione paga, il sapere
interessa, le proposte conosciute da molti pesano sul piatto delle
decisioni politiche, l’immagine dell’universitario come invisibile inutile
fannullone deve crollare.
Scopo di questa attivita’, che naturalmente non puo’ che guardare al
medio-lungo periodo, sarebbe quello di entrare con forza nella vita del
paese per
1) rendere piu’ efficace il processo decisionale della politica con
contributi di specialisti dei vari settori
2) smascherare truffe di informazione (e non solo: siamo in italia…)
3) rivalutare il ruolo del sapere nel paese: sia a livello d’immagine, sia
a livello di considerazione per l’iniziativa privata, verso la quale
necessariamente gran parte dei laureati devono rivolgersi
Senza un’attivita’ radicale, dal basso, che dia spessore alle scelte
politiche e permetta di sfruttare le competenze di chi esce
dall’universita’, la mia opinione e’ che lo svilimento del sapere sia solo
uno degli aspetti di una tristissima parabola discendente.