La figlia del sapere

Ricevuto e pubblicato.

Scarica il racconto: La figlia del sapere in .doc

 

La
figlia del sapere


accusata di parricidio)

Decine di occupazioni.

Studenti, operai,
insegnanti.

Insegnanti! Ti rendi conto?

Gian Maria
Volontè in
Indagine su un cittadino al di
sopra di ogni sospetto

Secondo lei mister, il
futuro è dei giovani?

No, il presente è dei
giovani.

Josè Mourinho
in un’intervista rilasciata alla Rai

C’erano
una volta, elementari, medie, superiori e università. Nulla
d’invidiabile, per carità. Anche allora i problemi non mancavano.
Ma cosa potete saperne? Voi rievocate il passato solo perché sto
smantellando il vostro presente. E fossi la prima, capirei anche
tutte queste proteste. Ma è un percorso lungo. Che viene da lontano.
Io sono stata scelta per terminarlo. Io sono la figlia del sapere.

Dicevo,
c’era una volta. Avete presente, quando da piccoli, seduti nel
proprio banco, regolarmente arrivavano in classe gli ex alunni della
maestra. Gente che appariva adulta oltre ogni modo. Sembravano dei
giganti. Erano solo qualche classe più avanti. Tornavano per
salutare l’insegnante. Per ringraziarla. Non tutti, è chiaro.
Alcuni odiavano la scuola fin da piccoli. Fannulloni che desideravano
solo lavorare. Io no. Io amavo la scuola. E come invidiavo
quei ragazzi. Anche io, un giorno, sarei tornata. Sarei stata
riconoscente verso la mia maestra. Entrando in classe all’improvviso,
avrei detto: “Signora, sono Mariastella, si ricorda di me?!”. E
baci. E abbracci. E dai banchi sguardi di ammirazione per l’alunna
che tornava a salutare l’insegnante. La maestra. La mia maestra
unica. Perché io amavo la scuola.

Non è
mai accaduto. Mai. Perché nella mia piccola scuola di Leno, in
provincia di Brescia, c’era l’amianto. Quel bel tetto rosso era
in amianto. Quel bel tetto rosso che s’intonava così bene con le
pareti gialline dell’istituto, era tutto in amianto. E l’edificio
non c’è più. L’hanno smantellato. Pericoloso, dissero. Per un
po’ d’amianto, pensai io?! La più brava non sarebbe mai andata a
trovare la maestra nella vecchia classe in fondo al corridoio per
colpa di una stupida norma. Come se non bastasse, qualche anno più
tardi hanno inserito il doppio modulo. Cioè due insegnanti. Uno per
le materie scientifiche e uno per tutto il resto. Ma che bisogno
c’era vi chiedo?! Ma sapete quale fortuna nell’avere un’unica
persona che in classe, giustamente, si occupa solo dei più studiosi.
La maestra non riesce a seguire tutti e trenta gli alunni? E diventa
uno dei più bravi, no?! Che ci vuole. Io poi ero davvero fortunata.
La nostra insegnante era anche una devotissima cattolica. E quindi,
nell’ora di religione, non avevamo una suora come le classi più
sfortunate, ma era lei stessa a leggerci i passi del vangelo.

Tutto
svanito per colpa delle riforme. Niente più vecchie scuole piene di
grembiuli. Niente più maestra unica. Da quel momento ho odiato quei
ricordi. E ora smantello la scuola per ripicca. E la
ricostruisco com’era prima. Troppa confusione. Altrimenti finirete
come me. Senza una vecchietta dietro una cattedra da andare a trovare
per colpa dell’edilizia scolastica. Come me, senza più il mio
piccolo istituto elementare. La mia piccola scuola di Leno, in
provincia di Brescia. Dove il sabato si usciva prima per aiutare i
grandi a preparare la "sagra del pà e formaì". Che
secondo me non ha nulla da invidiare alla Fiera di Milano. E l’ho
detto anche al mio governo che andrebbe valorizzata. E forse l’anno
prossimo ci verrà Vissani e faranno anche un collegamento con Rete4
la domenica mattina. Ci pensate? Gli abitanti di Leno in televisione.
Ma non è la prima volta, dovete sapere. Quando già studiavo
all’università di Brescia, venne Mengacci. C’era un matrimonio.
E chiamarono Mengacci. E lui venne. Tutto il paese in festa davanti
alle telecamere. E c’era quella presentatrice tanto brava. Io
pensai subito che avrebbe fatto carriera. Non mi sbagliavo. Ed è
un’emozione oggi averla al mio fianco nel consiglio dei ministri.

Ma io
quella volta di “Scene da un matrimonio” al paese non c’ero.
Vidi poi i filmati girati da mia madre. E ascoltai i racconti delle
amiche. Io dovevo preparare l’esame di diritto privato. Avevo speso
novantamilalire per poter comprare il manuale. I libri non li
fotocopiavo. Li compravo, io. Perché per l’istruzione non ho mai
badato a spese. Non certo come quelli del collettivo. Che sbraitavano
tutto il tempo. E la mensa non c’era più. Vogliamo la mensa. E i
libri costano troppo. Vogliamo i libri. E lo studentato aveva pochi
posti letto. Vogliamo gli studentati. E io mi chiedevo: “Questi
vogliono tutto, ma non sanno che c’è la crisi? Li leggono i
giornali?”. No, era ovvio. Sbraitavano di pantere indomabili. Nere,
per giunta. Ma io badavo al sodo. Studio, impegno e dedizione. Non a
caso fui eletta nel consiglio comunale di Desenzano del Garda a soli
25 anni. Sfido io. Anche Brunetta lo dice sempre: “Fossero tutti
come te Mariastella!” e mi dà un buffetto, ma sul sedere perchè
il povero Renato non è molto alto, e se si alzasse sulle punte mi
vergognerei da morire.

E ora
ci si mettono anche gli Atenei. Ricercatori, studenti, rettori,
dottorandi, bidelli, docenti. Non manca nessuno. Io ho solo ridotto
un po’ le spese. Niente di più. Anche Tremonti era d’accordo. E
mi aveva assicurato che Frati, Calzolari e Decleva erano persone
tanto per bene. E invece?! Come nel peggiore degli incubi, di nuovo
vi sento parlare di movimento studentesco, occupazioni, blocco della
didattica. E al centro della contestazione non c’è più quel buon
uomo del ministro Ruberti o il sardo là, come si chiamava, Gramsci,
no Berlinguer, ma io. Proprio io, Mariastella. E stavolta ci capisco
ancora meno. Almeno negli anni passati casa, libri, affitti erano
parole comprensibili anche ai più studiosi. Ma stavolta no. Diritto
al sapere. Cosa vuol dire? Ma perché all’università non ci andate
già? Il sapere è di tutti. E già, e come faranno i più bravi a
distinguersi? Riappropriarsi del sapere. Ma se è una vita che dico
che i libri vanno comprati! Io sono il ministro dell’Istruzione,
mica del Lavoro cognitivo! Mi sembra un incubo. È un incubo. E il
prossimo anno in Italia c’è anche il g8. Mi viene da piangere.
Devo trovare il tempo per prendere un caffè con la Moratti. Mi
dicono ci sia già passata, quasi indenne.

C’era
una volta, ma stavolta ho paura non basti più. Questi vogliono
troppo, questi vogliono tutto.

Traduzione dal latino

a cura di Enrico Miele

de.erique@gmail.com

 

Tutti i diritti sono riservati. Per qualsiasi richiesta rivolgersi al curatore (Enrico Miele: de.enrique@gmail.com)

This entry was posted in Documenti, Generale, Nazionale. Bookmark the permalink.